Mathera, con H e senza vergogna

Da qualche ora Matera è Capitale della Cultura, con tutti i commentatori a calcare sulla vergogna e il riscatto della più antica città europea ancora abitata. La “vergogna nazionale” che De Gasperi usò per avallare l’ordinanza di sgombero dei Sassi, fu portata sotto gli occhi di tutti dal lavoro letterario di Carlo Levi, egregiamente affiancato anche dalle sue opere pittoriche conservate in città a Palazzo Lanfranchi.

Poi avvenne quello che definiscono il riscatto, da molti raccontato come se nella storia fosse un atto dovuto, una sorta di Rinascimento dopo un puzzolente medioevo.

Matera, meglio sarebbe scriverla con l’H come riportato negli affreschi della sala degli stemmi del palazzo arcivescovile, merita qualche considerazione di più. Siamo sicuri che una vergogna attribuita ingiustamente, necessiti un riscatto? Un film scardina questa visione. Da lunedì 21 sarà al cinema il documentario che racconta la città con la voce dei materani. Ne esce un quadro diverso da quello stereotipato delle ultime ore.

Abbiamo voluto raccontare la cultura di Matera, a partire da quella H persa nel toponimo originale – dice il regista Francesco Invernizzi – per restituire alla città quell’allure romantica che il tempo non le ha mai tolto. Non la Matera della vergogna ma quella dei vicinati che erano comunità nella comunità, esempio di solidarietà ante litteram che è una lezione per il mondo.

Il ritratto della città è quello delle sue albe infinite e dei tramonti che la trasformano in un presepe. Le rughe che segnano i volti dei vecchi e i sorrisi dei giovani che con i nuovi lavori portano energia vitale. Una forza che, come diciamo nel film documento, si rinnova nel trattare ogni viaggiatore come se fosse un materano.

Successe con i greci, coi romani, con i cenacoli religiosi medievali, con chi si trovò a passare di qui e volle lasciare uno dei segni che si leggono ancora sulle pareti.

Nel film la testimonianza chiave è quella di Pietro Laureano, storico dell’arte e consulente UNESCO che ha seguito molto da vicino la candidatura a Capitale della Cultura. La sua è una rilettura che è anche una lezione di ecologia.

Dunque nessuna vergogna per le rovine, perché anche Roma le ebbe allorché nel Cinquecento perfino il Colosseo era ridotto a un cumulo di sassi. Piuttosto ricordiamo che a Matera c’erano cisterne nella case ben prima che a Parigi o a Firenze.

Anzi, in pochi sanno che proprio questo sistema idrico è alla base del riconoscimento di Matera a Patrimonio dell’Umanità. La citazione di Picasso avvallata dallo storico esprime il valore assoluto dell’arte rupestre presente nelle cavità affacciata alla gravina. Soprattutto, per Laureano, Matera è l’esempio che anche i piccoli ce la possono fare senza rinnegarsi.

Il suo è un incoraggiamento a tutte le Matera del mondo, meritevoli di attenzione e fiducia, perché sono parte dell’anima del pianeta. Anzi, in certe aree sono quanto rimane di un qualcosa di antico che non deve essere perduto.

Un forte messaggio di sostenibilità, assieme alle altre testimonianze che arricchiscono i 90 minuti di film, per spronarci a credere che l’abbandono di un borgo non sia irreversibile, che dove c’è stata un’anima si possa ritrovare un sentimento, un’idea, fin anche una scommessa per il futuro a vivere e lavorare nel rispetto dell’ambiente consegnato a noi da oltre 8000 anni di storia.

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Matera: un inizio con il botto per la capitale europea della cultura - IPOGEAintervista a Pietro Laureano, presidente ICOMOS e consulente UNESCO,